Lezioni di greco antico: Callimaco, analisi di ep. VII Pf.

Lezioni di greco antico: traduzione e analisi dell’epigramma VII (Pf.) di Callimaco, poeta di Cirene

Callimaco fu, per tutta l’epoca antica, uno dei poeti più letti e celebrati. Figlio di Batto, nacque nell’antica colonia dorica di Cirene intorno al 305 a.C. Divenne poeta di corte presso i Tolomei e si distinse nell’ambiente della Biblioteca per i suoi lavori grammaticali e filologici, tra i quali in particolare i Πίνακες, un catalogo complessivo di tutta la letteratura greca. Accanto alle opere maggiori del poeta di Cirene (Aitia, Giambi, Inni, Ecale, Epigrammi)  risulterebbero per antica testimonianza anche tragedie, commedie e drammi satireschi[1].

[1] Lex. Sud. s.v. Καλλίμαχος, che menziona ‹‹ fra le altre sue opere ›› : σατυρικὰ δράματα, τραγῳδίαι, κωμῳδίαι.

TRADUZIONE E ANALISI DI EP. VII Pf.

Ἦλθε  Θεαίτητος  καθαρὴν  ὁδόν. εἰ  δ᾿ ἐπὶ  κισσόν

τὸν  τεὸν  οὐχ  αὕτη, Βάκχε, κέλευθος  ἄγει,

ἄλλων  μὲν  κήρυκες  ἐπὶ  βραχὺν  οὔνομα  καιρόν

φθέγξονται, κείνου  δ᾿ Ἑλλὰς  ἀεὶ  σοφίην.

“Teeteto percorse una via sacra: se questa strada, Bacco, non conduce alla tua edera, gli araldi proclameranno il nome di altri per breve tempo, ma la Grecia la sua arte per l’eternità”

L’epigramma  VII  Pf.  è tramandato da  AP  9. 565. Sul piano filologico si può osservare quanto segue.

 

  1. ἐπὶ κισσόν : è la lezione dell’edizione di Planude; l’  Antologia  Palatina  ha  ἐπικισσοῦ.
  • I versi 3 e s. sono tramandati da Demetrio Περὶ  ποιημάτων, che cita il distico insieme ad Empedocle  fr.  142  Diels-Kranz  a proposito  de  schemate  ἀπὸ  κοινοῦ :  δῆλον  γὰρ  ὡς  οἱ  μὲν  κήρυκες  φθέγξονται,  ἡ  δ᾿  Ἑλλὰς  φθέγξεται.

σοφίην : la forma ionica appare in Demetrio  Περὶ  ποιημάτων. In  AP  è presente la lezione  σοφίαν. Il termine  σοφίη  inteso come “arte poetica” si trova anche nel prologo degli  Aitia  ( fr. 1 Pf. ) ai vv. 17-18:  ἔλλετε  Βασκανίη˼ς  ὀλοὸν  γένο˻ς˼·  αὖθι  δὲ  τέχνῃ/  κρίνετε,] ˻μὴ  σχοίν˼ῳ  Περσίδι  τὴ˻ν˼  σοφίην ·  ( “Andate al diavolo, stirpe funesta del Malocchio! Giudicate l’abilità poetica con l’arte, non con la pertica persiana!” ).

Il destinatario dell’epigramma è un certo Teeteto, poeta greco alessandrino forse di origine cirenea ( IV-III sec. a.C. ), di cui restano alcuni epigrammi nell’ Antologia  Palatina. Per lungo tempo gli studiosi hanno cercato di trovare una chiave interpretativa che potesse spiegare quale rapporto ci sarebbe stato tra i due poeti, e che soprattutto potesse dare un senso alla καθαρὰ  ὁδός  di Teeteto. L’interpretazione più diffusa afferma che Callimaco probabilmente cerca di consolare Teeteto, poiché non aveva ottenuto i giusti riconoscimenti di poeta drammatico, e gli preconizza gloria immortale. Una diversa interpretazione ci è stata presentata dal filologo Giorgio Pasquali[1]: egli sosteneva che Teeteto non fosse un poeta drammatico, cioè che non scrivesse tragedie né commedie né ditirambi, dal momento che la via percorsa dal giovane non porta all’edera dionisiaca, evidente allusione alla poesia drammatica. Il Pasquali riteneva che Callimaco, quindi, avesse in mente quei carmi di Teeteto estranei al mondo teatrale, gli epigrammi. L’ Antologia  Palatina  menziona almeno due Teeteti: attribuisce ad un certo Teeteto σχολαστικός, avvocato bizantino, gli epigrammi 6. 27, 9. 659, 10.16 e 16. 221 nella  Planudea; ad un altro poeta più antico attribuisce gli epigrammi 7.444, 499, 727. Per il Pasquali, proprio questo “secondo” Teeteto risulterebbe essere l’amico di Callimaco.

[1] G. Pasquali, Epigrammi callimachei, « Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino », Livrea 1919, pp. 1132-1154.

La questione più importante da risolvere resta comunque il primo verso dell’epigramma, ἦλθε  Θεαίτητος  καθαρὴν  ὁδόν, perché è difficile stabilire quale senso Callimaco attribuisca qui a  καθαρός. Secondo l’interpretazione del Giannini, si tratta di una « nuova via »[1], intesa come poetica di un teatro colto, che andava alla ricerca di valori etici e non cercava di stupire mediante effetti spettacolari e patetici; una strada ardua e difficile da percorrere, quindi, che andava contro la poetica moderna di Callimaco[2].

[1] Ved. A. Giannini, Callimaco e la tragedia, « Dioniso » XXXVII 1-2 (1963), pp. 48-73.

[2] Cf. Wilamowitz, Hellenistische Dichtung, Berlino 1924, p. 167.

Questa nuova « via sacra »  potrebbe riferirsi ad una poesia d’ élite , una poesia per pochi “eletti”; un breve epigramma di tre distici ( AP 12. 43 = XVIII  Pf. ) racchiude una compiuta e articolata dichiarazione di poetica callimachea e di stile di vita:

Ἐχθαίρω  τὸ  ποίημα  τὸ  κυκλικόν, οὐδὲ  κελεύθῳ

χαίρω, τίς  πολλοὺς  ὧδε  καὶ  ὧδε  φέρει ·

μισέω  καὶ  περίφοιτον  ἐρώμενον, οὐδ᾿ ἀπὸ  κρήνης

πίνω · σικχαίνω  πάντα  τὰ  δημόσια.

Λυσανίη, σὺ  δὲ  ναίχι  καλὸς  καλός ‒ ἀλλὰ  πρὶν  εἰπεῖν

τοῦτο  σαφῶς, Ἠχώ  φησί  τις ·  « Ἄλλος  ἔχει ».

( “ Detesto il poema ciclico, né mi piace una strada che porta molti ora qua ora là; odio anche un vagabondo innamorato, e non bevo da una fonte: provo disgusto per tutto ciò che è comune. Lisania, tu sei veramente bello, ma proprio bello! Però prima di dirlo chiaramente, ecco che l’eco risponde: « E’ di un altro, quello » ” )

 

Insieme con altri passi fondamentali dal punto di vista programmatico ( come il prologo degli  Aitia  e la chiusa dell’inno  Ad  Apollo ), l’epigramma costituisce dunque il manifesto della poetica di cui Callimaco è rappresentante e sostenitore, includendo i termini della polemica che infiammò l’ambiente letterario dell’epoca. La peculiarità del componimento è rappresentata dal fatto che il poeta afferma le proprie scelte  “in negativo”, mediante una serie di dichiarazioni successive su ciò che egli detesta, con un finale inaspettato che sconcerta per l’apparente giustapposizione. Oggetto del disprezzo di Callimaco è tutto ciò che è popolare in poesia, nella vita quotidiana, in amore: il poeta, infatti, afferma chiaramente di odiare  “una strada percorsa da molti”, volendo così alludere alla poesia di consumo, nella quale può rientrare a pieno diritto anche la poesia drammatica dell’epoca ormai completamente sganciata dalla specifica situazione ateniese e dalla funzione politica che vi aveva svolto, diventando in questo modo poesia di intrattenimento per rappresentazioni teatrali che dovevano apparire monotone e ripetitive agli occhi di Callimaco. Un giudizio quindi negativo sul teatro tragico, che richiama alla mente la  “ strada di Bacco ”  priva dell’edera dionisiaca dell’ep. VII  Pf. ( εἰ  δ᾿ ἐπὶ  κισσόν / τὸν  τεὸν  οὐχ  αὕτη, Βάκχε, κέλευθος  ἄγει ) : si capisce allora che il nesso  καθαρὴ  ὁδός , la  «via sacra», ha un chiaro valore programmatico; esso indica l’apprezzamento di Callimaco per i versi di questo Teeteto a dispetto del mancato successo in un’occasione agonale, diventando il simbolo di una scelta esclusiva e aristocratica.

Le immagini dell’ep. XVIII  che si accavallano divengono altrettante metafore che suggeriscono ciò che Callimaco ama in poesia: la raffinata brevità (ὀλιγοστιχίη), la finezza (λεπτότης), l’erudizione. Nella ricerca di una poesia breve, raffinata e dotta, il poeta trova proprio nell’epigramma uno strumento perfettamente adeguato: egli infatti esprime qui alcuni dei suoi momenti artisticamente più efficaci; i suoi epigrammi sono concisi, allusivi, variati grazie all’intreccio e alla mescolanza di livelli diversi, secondo la tendenza alla fusione dei generi letterari che è fra i princîpi cardine dell’arte alessandrina.